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  • Immagine del redattoreSerena

Incastrata tra due mondi con un bebè

Aggiornamento: 3 nov 2020

Quando una pandemia, una legge assurda, l’incompetenza e il disinteresse provano a rovinarti la vita.



Avevo calcolato tutto, io sarei tornata a fine marzo in Italia, Noah sarebbe nato ad aprile, il suo papà sarebbe venuto qui per qualche mese e saremmo ritornati tutti a casa a Watamu a giugno.


Hai presente quando calcoli tutto nei minimi dettagli? Ecco, forse è stata la prima volta nella mia vita in cui l’ho fatto e niente è andato come sarebbe dovuto andare.


L’Odissea inizia così: i primi di febbraio Air Italy fallisce e mi cancella il volo di rientro in Italia del 21 marzo 2020. Gli unici voli disponibili erano la prima settimana di marzo al costo di 800 euro solo andata, improponibili. A malincuore decido di anticipare la mia partenza di un mese, trovo un volo il 20 febbraio con Neos a 350 euro e parto.


Nell’aria si cominciava già a sentir parlare di Coronavirus, quando sono arrivata a Malpensa ho visto due turiste italiane con la mascherina e mi è quasi venuto da ridere; esattamente il giorno dopo, 21 febbraio 2020, inizia il delirio COVID-19.


Mi ricordo ancora gli annunci del tg: scuole chiuse per una settimana, non uscite se non necessario, non andate in luoghi affollati, tutti i voli cancellati da Marzo in poi, nel giro di una settimana era il caos più totale, il resto lo sapete già.


TUTTI I VOLI CANCELLATI DA MARZO IN POI!?


Il mio compagno sarebbe dovuto arrivare qui i primi di aprile, tempo di finire gli ultimi lavori a Watamu e poi sarebbe partito per conoscere il suo piccolo. Oggi, 2 settembre 2020, Noah ha 4 mesi e mezzo e tanta voglia di conoscere il suo papà che ancora non può incontrare.


Chi l’avrebbe mai detto che quel 20 febbraio sarei partita per non rivedere più il mio compagno, la mia Terra, la mia vita, per chissà quanto tempo ancora e avrei dovuto affrontare da sola un vero e proprio calvario?


Ma non è finita. Anzi, questo è solo l’inizio.


Io non sono sposata, per riconoscere il bambino bisogna presentarsi di persona in comune entro 10 giorni dalla nascita del piccolo, cosa impossibile per il mio compagno bloccato dall’altra parte del mondo. Noah porta il mio cognome e potrà cambiarlo solo nel momento in cui il papà verrà in Italia a riconoscerlo, dopo di che bisognerà andare davanti a un giudice che stabilirà se la situazione è idonea per fare il cambio cognome. Non esistono tutele, non esistono alternative, o almeno così mi è stato detto.


Il giorno dopo la nascita di Noah abbiamo chiamato l’ambasciata di Nairobi per provare anche a far partire il mio compagno con un volo di rimpatrio italiani all’estero, abbiamo chiesto aiuto su cosa poter fare, nessuno si è mai più fatto sentire, ci hanno lasciato con un “le faremo sapere”.


Nel frattempo tutto è sempre stato ed è tutt’ora incerto, non sapevamo quando il Kenya avrebbe riaperto, quando invece l’Italia aprirà ai voli internazionali. Quello che è certo è che non abbiamo avuto aiuto da nessuno, nessuno si è reso disponibile per esaminare il nostro caso e trovare la soluzione migliore per noi, o quella meno dannosa.


I primi di luglio sono andata in questura per iniziare a fare il passaporto a Noah e rifare il mio, sono tornata a casa a mani vuote. Il poliziotto gentilissimo che mi ha servito non ha saputo darmi una soluzione, perchè la legge non prevede soluzioni: un minore per espatriare ha bisogno della firma di mamma e papà (anche se non sono più conviventi). Ma Noah ha il mio cognome, come fa il papà a firmare l’espatrio se non l’ha riconosciuto? Le cose da fare sono due: o il papà si presenta in Italia a fare il riconoscimento e poi firmare per il passaporto o devo dichiarare di essere ragazza madre, ma non potrei nemmeno farlo perchè è come dichiarare il falso.


Ok. Quindi qualcuno può dirmi quello che devo fare per favore???


1 agosto 2020, il Kenya riapre le frontiere ma adesso il mio compagno è impossibilitato a partire e non può fermarsi per più di una settimana in Italia. Dovendo fare la quarantena di 14 giorni, dovrebbe soggiornare qui almeno tre settimane. Il mio compagno allora si reca al consolato italiano di Malindi per trovare una soluzione per fare almeno il riconoscimento del bimbo a distanza, qui finalmente una bella notizia: si può fare!!!


MA NON SI POTEVA FARE SUBITO ALLORA?


14 agosto 2020, mi reco al mio comune di residenza in cui è registrato Noah e chiedo la documentazione per procedere al riconoscimento, loro non ne sanno nulla, anzi mi consigliano di dire di essere ragazza madre per facilitare le cose, perchè in fondo tutte le ragazze madri non lo sono davvero, un papà c’è sempre da qualche parte (testuali parole). Siamo rimasti d’accordo che avrebbero chiamato loro l’ambasciata di Nairobi per vedere il da farsi.


Oggi sto ancora aspettando la chiamata.


Il 7 settembre cambierà il Decreto per quanto riguarda i voli intercontinentali e forse si saprà il nostro destino, almeno per il prossimo mese. Nel frattempo Neos, l'unica compagnia che effettua voli diretti in Kenya, ha annunciato che fino a novembre non volerà fuori dall'Europa, quindi almeno per altri due mesi sarò qui.


La nascita di un bambino ti sconvolge, ti stravolge la vita, è un momento delicato, c’è bisogno di attenzione e di cure, sono mesi indimenticabili che nessuno ti potrà mai ridare. Il tempo è il bene più prezioso che possediamo e che possiamo donare, ma che fare quando non puoi che ingannare il tempo per poter sopravvivere?


Sono più di 6 mesi che vivo in balia del nulla, è un non vivere in attesa che arrivi qualcosa di bello, un sopravvivere provando a gioire dell’amore che solo un figlio sa darti, è il convivere con l’incertezza e la speranza. E’ anche la paura di non poter riavere la vita di prima, avevo appena dato una svolta decisiva trasferendomi in Kenya, creandomi la mia libertà e la mia indipendenza, costruendo un futuro per me e la mia famiglia, e tutto è andato all’aria.


Il covid ha rovinato tante cose ma non riuscirà a rovinare la mia vita, una pandemia mondiale nessuno l’aveva prevista e nessuno era pronto ad affrontarla. A mio avviso, però, qualcuno dovrebbe prendersi delle colpe. Le istituzioni non ci tutelano, non ci tutelano in niente e mi confermano ancora una volta che in Italia devi vivere sperando che non ti succeda mai niente, altrimenti sei fregato.


Bisogna denunciare le ingiustizie, le incompetenze, le mancanze, bisogna lottare sempre per ciò in cui si crede e andare avanti fino in fondo, senza mai perdere la speranza, che è quella che può salvarti nei momenti più delicati.


Non so cosa avrà in serbo il destino per noi, non so neanche se ci credo nel destino, la cosa certa è che io farò tutto quello che è in mio potere per rimediare agli eventi avversi che si sono abbattuti sulla mia famiglia, con la certezza che tornerà presto il sereno e sarà tutto ancor più bello.



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