Quando sono tornata per la terza volta in Kenya, sono partita come volontaria per due mesi in una scuola fondata da italiani. Avevo un bagaglio pieno di mille aspettative per me ma le cose purtroppo non sono assolutamente andate come avevo programmato e così mi sono ritrovata a vivere in un dormitorio misto, che avventura pazzesca!
Nella scuola avrei dovuto organizzare attività per il tempo libero dei bambini, ero così entusiasta che ho organizzato un planning settimanale con milioni di proposte, chiamando anche associazioni locali per collaborare. Purtroppo peró ho visto delle cose spiacevoli che mi hanno fatto vedere tutte queste associazioni "nate per aiutare" con occhi diversi, ho trovato tutto tranne che solidarietà ed aiuto. Delusa, spaesata e triste per la povertà d'animo che ho trovato in quelli che si professavano come "salvatori dell'Africa" , ho deciso che non avrei accettato e preso parte a tanta ipocrisia, cosí me ne sono andata e ho trovato un alloggio di fortuna, che si é poi rivelato il mio happy place.
Ho trovato la mia dimensione in un angolo di paradiso fuori dal centro turistico di Watamu, immersa nella natura, nelle persone, nella musica. Una sorta di campeggio con bungalow e dormitorio, piscina, bar, cinema sotto alle stelle davanti al falò, pool party. Come sono arrivata qui ho capito fin da subito che quella sarebbe stata casa mia. Anche perché mi costava circa 5€ al giorno. La scuola mi costava 10 (i volontari in Kenya devono spesarsi tutto).
Avevo un letto sfondato, un cuscino che non potevo usare perché mi spaccava il collo, la doccia aveva solo acqua salata, ovviamente fredda. I miei capelli ormai erano diventati rasta. Il rubinetto per lavare i denti era alto e fatto male, dovevo ricordarmi sempre di lavarli dopo la doccia altrimenti mi bagnavo completamente i vestiti. Il tavolo della cucina era perennemente ricoperto di piccole formiche, prima si passava l’alcool poi ci si sedeva a mangiare. La cucina non era attrezzata, dovevi arrangiarti come potevi se volevi cucinare qualcosa. Tipo fare un uovo all’occhio di bue nella pentola della pasta.
(Scoprii solo più tardi che in Kenya le uova di cui non sai la provenienza vanno assolutamente mangiate ben cotte!! Fa nulla, sono sopravvissuta)
Non esistevano contenitori e mensole, i piatti e le posate erano all’aria aperta, dovevi sempre controllarli, potevano esserci sopra degli insetti, o degli avanzi di cibo di qualcun altro. Se sentivo freddo o c’era vento in casa dovevo rassegnarmi, era tutto completamente aperto, doccia compresa! Non esistevano finestre o porte che si potevano chiudere, ma solo inferiate con zanzariere.
A Kidogo Nyumbani ho adottato un gatto rimasto senza mamma, l'ho chiamato Swahili, mi inseguiva dappertutto e per questo venivo presa in giro, ero diventata una mamma gatta, gli compravo il latte e glielo davo dentro ad una noce di cocco. L'amore che ho provato qui per ogni singola cosa è davvero inspiegabile a parole.
Ho imparato a fare il bucato all’africana, si lava tutto a mano all'aperto con il detersivo in polvere, ma io non avevo neanche un catino! Ho tagliato una tanica d'acqua da 10 litri e lavato i panni lì dentro, che figata!
Ho trovato uno che dormiva nel mio letto sopra ai miei vestiti, giustamente c'erano 16 letti ma lui ha scelto il mio.
E poi molto ancora, ho fatto yoga alle quattro di notte in giardino, ho mangiato frutti sconosciuti colti dalla pianta insieme all' house keeper, ho fatto dialoghi improbabili a gesti con gente da tutto il mondo. Non dimenticherò mai quei giorni.
Sarò sempre grata a Mama Africa per tutti gli insegnamenti che mi ha dato, le delusioni e la bellezza che ha saputo offrirmi, alla gente locale che mi ha sempre accolta e aiutata, a me stessa per essermi superata e aver fatto cose che mai avrei immaginato di poter fare nella vita. Ogni esperienza vissuta mi ha fatto esplodere il cuore dalla gioia. Oggi sento di avere una vera e propria missione per far conoscere questo Paese ai più scettici, farlo vivere in maniera diversa, dal punto di vista della gente locale e non dei tour operator, è una sfida che voglio vincere.
Il Kenya é una Terra che ti rimane dentro, ti fa sognare, piangere, urlare dalla felicità. È un Paese che tutti dovrebbero vedere prima o poi.
Ora io mi sono trasferita definitivamente e vivo a Watamu da un anno. Ho dovuto seguire il mio cuore, non avrei potuto far nient'altro che rimanere, altrimenti sarei impazzita.
Vi aspetto qui guys!
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